Falsi maestri. Disce aut discede: un rapporto maestro discepolo

Ringraziamo di cuore un nostro eccellente allievo, celato dietro lo pseudonimo di Etienne de Vaireaux, per queste note circa il proliferare di falsi-maestri nell’ambiente della medicina cinese italiana. Per falsi maestri intendiamo riferirci a tutti quei formatori, talvolta anche competenti, che ritengono erroneamente di potersi considerare “Maestri”…magari pure taoisti per giunta..insomma una vera contraddizione in termini che denota grande ignoranza in materia di tradizione iniziatica. leggete con attenzione, in poche parole Etienne ha riassunto concetti molto profondi.

Etienne de Vaireaux –  Disce aut discede 1 : un rapporto maestro discepolo

 

                                             “Ogni esistenza ha il suo cielo, ogni ricerca la sua luce”    Zhuang-Zi                                                                                                                                                                                                                             In questi tempi di polluzione  intellettuale non sarebbe il caso di fornire alle muse dell’arte e del sapere una profilassi contraccettiva? In questi tempi corrotti, speziali ippocratei[2] seguaci della medicina cinese,  al suon di gran cassa mediatica da copia, traduci e incolla, alimentano il fuoco di un io ipertrofico, che nulla ha a che vedere con la missione che questa nobile disciplina insegna da millenni. Quale coerenza di vita può esserci tra ciò che si è appreso e ciò che si dona, se tutto avviene sotto il vessillo di una hybris[3] egotica?

Il rapporto tra maestro e discepolo nella tradizione più nobile è innanzitutto un viaggio condiviso nella conoscenza di un sapere che viene trasmesso non con proclami ma da bocca a orecchio. Sapere che nel maestro trabocca e necessita di un terreno fertile da seminare e che nel discepolo è fede e umile sete di essere plasmato nel suo essere pur mantenendo la sua unicità. Quando tale processo raggiunge il completamento il discepolo “supera” il maestro in una strada parallela e diversa in cui la forma raggiunta possa a sua volta essere il seme che porta a compimento l’indefinita materia di un altro discepolo. Tale processo necessita di una impalcatura etica: tutto deve svolgersi sotto l’egida dell’amore. Tutto ha come fine non l’acquisizione di potere personale o un sapere manipolatorio o di un accumulo di ricchezze ma il Bene in senso assoluto in cui ciascun attore si fa agente. Infatti è giusto ricordare che il contrario dell’amore non è l’odio ma l’amore di sé. Il rapporto maestro discepolo è scandito da una triplice sequenzialità nigredo rubedo e albedo e da infinite sfumature che variano a seconda del luogo  e tempo in cui si svolge la materia, Il primo step è scandito dalla raffinazione della materia oscura che ogni discepolo racchiude in sé : la nigredo. Con questo termine gli alchimisti designano una materia grezza e confusa che però ha in sé la volontà di affinarsi , di migliorarsi , di scoprire  quale dono “sente” di poter compiere . La seconda , l’albedo, è il fuoco che trasforma separando il grezzo da ciò che è una luce della conoscenza opacizzata. Il terzo, la rubedo, è il raggiungimento dello scopo, il compimento dell’opera in cui  il discepolo scopre il vero Sè e il volere del Cielo e li unisce nel suo cammino, “il corpo di diamante taoista”[4] . Ogni sapere richiede un prezzo, ogni passaggio da uno “stato” al successivo pure. Nel rapporto discepolo – maestro l’istruzione spetta al discepolo  e il metodo al maestro ma , in questo rapporto apparentemente duale, la messa in gioco avviene perché c’è un agente equidistante da entrambi che dà loro il senso del loro agire : la vacuita’. Ben lungi dal rivestire il “tertium” da qualsiasi valenza spirituale o religiosa (ammesso che sia  possibile farlo) si intende con questo l’avere sempre da parte di entrambi la piena coscienza che lo scopo prefisso dall’Io , il desiderio di possesso di un sapere, la cupidigia di un potere che sia coercitivo o semplicemente da giudice che esclude ed elimina con sentenze che appartengono alla realtà, sia illusorio. “Tutto è vanita’” recita il Qoelet. Tutto  è destinato al vuoto (non al nulla) , tutto assumerà sostanza che non ci è data comprendere ora e di cui ognuno farà parte. Presa coscienza di questo, ogni desiderio di messa in gioco di un sapere che induca al godimento decade. Attraverso la trasmutazione della materia grezza, dell’animo grezzo, si raggiunge la pace di essere “un soffio in un mare di soffi”  e di essere  un mare di soffi racchiusi in un singolo soffio.

Allora il cammino di una vita diventa il sentiero di tutti racchiuso in ogni singolo passo, ogni singola parola tra discepolo e maestro diventa il passo di chi li ha preceduti , e non sono più, ma ancora esistono nell’istante in cui questa consapevolezza si realizza. Non è forse questo un tratto comune a tutte le tradizioni mistiche di ogni singola religione ? L’anelito dell’Altro, di essere un altro conforme al volere del cielo? Un altro migliore? E migliore perché appunto in armonia con il risuonare di ciò che ci racchiude e a cui ritorneremo senza spostarci nel tempo e nello spazio perché custodito in noi? Noi siamo l’Atanor[5] , i nostri aggregati ( il nostro corpo) sono lo specchio di una forma percepita come tale solo nella convenzione dei sensi ma rappresentano un microcosmo speculare dell’Universo abitato dagli stessi ritmi e dalle stesse logiche.

Azhot

tavola dell’Azoth di Basilio Valentino , Francoforte 1613 – Allegoria alchemica del sapere etereo che obbliga chi lo detiene a chinare il capo nell’umilitas e nel vedere solo i passi che compie nel cammino in cui l’io è ammansito nell’immanenza del passo dopo passo e in cui la prudentia, cioè la volontà di non fare del male e la simplicitas , la capacità di svelare ciò che è nascosto, fanno da binario esistenziale e  operativo-

 

1“ impara o vattene! “  iscrizione e motto di molte scuole anglossassoni, da leggere nel nostro caso nell’etimo “ segui il cammino o prendine distanza”

[2]Ippocrate di Coo considerato il padre della medicina occidentale.

[3]Lett. Presunzione di forza,tracotanza, superbia

[4] Cfr . Zozimo di Panopoli “Visioni e risvegli” , viene omessa dalla procedura la Citrinitas o ingiallimento perché dalla tradizione  postuma inglobata nella Rubedo.

[5]Forno alchemico

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